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Droga, appalti e "colonie", l'allarme della Dna sulla 'ndrangheta


Droga, appalti, colonizzazione di territori un tempo “sani”. La relazione annuale della Direzione nazionale antimafia mette a fuoco le emergenze connesse alla ‘ndrangheta. E l’allarme risuona sui ter…

Pubblicato il: 02/03/2016 – 15:55
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Droga, appalti e "colonie", l'allarme della Dna sulla 'ndrangheta


Droga, appalti, colonizzazione di territori un tempo “sani”. La relazione annuale della Direzione nazionale antimafia mette a fuoco le emergenze connesse alla ‘ndrangheta. E l’allarme risuona sui territori e nelle istituzioni.

IL NARCOTRAFFICO «L’attività investigativa delle Direzioni distrettuali ha confermato il ruolo centrale della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, grazie al rapporto privilegiato, se non esclusivo, con le organizzazioni criminali del Sud America, che continuano a riconoscere piena affidabilità alle cosche calabresi in punto di disponibilità economiche e capacità di garantire un arrivo tranquillo in Europa – Olanda, Spagna, Germania e, ovviamente, Italia – di ingenti carichi, soprattutto di cocaina, distribuendoli, poi, a vari gruppi delinquenziali per lo smercio sul territorio». E’ quanto rileva la Direzione nazionale antimafia nella sua relazione annuale, presentata oggi. «Per avere cocaina, le altre organizzazioni criminali italiane (e non solo) si rivolgono alla ‘ndrangheta, che, quindi, ha assunto il ruolo di grande fornitore, sia a livello italiano che europeo, di tale prodotto». In tale contesto, un «ruolo centrale – osserva la Dna – continua ad essere svolto dallo scalo portuale di Gioia Tauro».

LA COLONIZZAZIONE Una sorta di «vera e propria colonizzazione di alcuni territori stranieri». È quella messa in atto dalla ‘ndrangheta, con la sua «capacità di stabilire vere e proprie strutture estere, che replicano modelli organizzativi tipici delle locali calabresi». Anche questo sottolinea la Direzione nazionale antimafia, nella relazione annuale 2015, presentata oggi. «Risulta certamente confermata la forte propensione della criminalità organizzata calabrese all’internazionalizzazione – si legge nel documento – una dimensione che, evidentemente, reclama una forte consapevolezza nella direzione del rafforzamento della cooperazione internazionale, spesso troppo timida per fronteggiare un fenomeno di espansione incontrollabile. Peraltro, e questo rappresenta certamente un tratto peculiare della ‘ndrangheta, la propensione internazionale di questa forma di criminalità non appare limitata alla sua capacità di cogliere le opportunità dei mercati stranieri, leciti, in chiave di riciclaggio, e illeciti, nel settore del traffico di stupefacenti». Nella relazione, la Dna evidenzi la «forte ed attuale operatività delle cosche calabresi della ‘ndrangheta in tutti gli ambiti, sia quelli più specificamente criminali, dal traffico internazionale di stupefacenti e delle armi all’attività estorsiva, praticata con modalità diverse e sempre più sofisticate, che quelli apparentemente relativi alla cosiddetta economia legale, dagli appalti pubblici alle attività imprenditoriali, nel settori del commercio, dei trasporti, dell’edilizia e in quello di giochi e scommesse, soprattutto online».

LE COSCHE AL CENTRO-NORD Altro dato messo in evidenza, è quello relativo alla presenza, «sempre più massiccia e incisiva, sia quantitativamente che qualitativamente, della ‘ndrangheta in praticamente tutte le regioni del centro-nord: accanto alle storiche presenze in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, sono attestate con chiarezza cellule solidamente impiantate in Liguria, Umbria, Veneto, e Marche».

LA BORGHESIA MAFIOSA Tra le condizioni di contesto che hanno consentito il radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia, in particolare, «vi è la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni (cioè il cosiddetto capitale sociale della ‘ndrangheta) a entrare in rapporti di reciproca convenienza con l’organizzazione». Rilancia anche questo allarme, la relazione della Dna che prende in esame il periodo dal primo luglio 2014 al 20 giugno 2015. Per la Direzione nazionale antimafia, «tali rapporti si possono ricondurre alla nozione di “amicizia strumentale” caratterizzata da scambio di risorse tra “gli amici”, continuità nello scambio e dalla natura aperta di tale amicizia, nel senso che ciascuno di loro agisce come “ponte” per altri “amici”». Le indagini hanno quasi sempre riscontrato la presenza di figure «riconducibili al paradigma della “borghesia mafiosa”, canali di collegamento tra la società civile e la ‘ndrangheta e nessuna categoria professionale è esente da questa considerazione: forze di polizia, magistrati, avvocati, imprenditori, medici, appartenenti a livelli apicali della pubblica amministrazione, politici».

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